Già, il mondo dei fumetti non interessa proprio a nessuno... |
"I cartoni giapponesi sono tutti violenti", "I cartoni giapponesi sono tutti porno", "I cartoni giapponesi sono tutti fatti col computer", "I cartoni giapponesi sono tutti copiati da quelli occidentali". Per quanti anni ho dovuto sorbirmi questi moniti da genitori, parenti, amici e mezzi d'informazione di massa?
Inutile star loro a spiegare che semplicemente esistevano opere realizzate per pubblici più variegati rispetto al concetto occidentale, che la Disney ha iniziato ad usare il computer molto prima dei giapponesi, che i giapponesi avevano smesso di copiare dall'occidente già alla fine degli anni '70 e via discorrendo. Semplicemente erano un popolo lontano da noi, con una cultura differente e facevano parte dei cattivi durante l'ultima guerra mondiale.
E come ogni nuova cultura che approda ai nostri lidi venne subito vista come un'ostile minaccia per le nuove generazioni, una negazione dei buoni, sani, vecchi principi morali occidentali. Superficialmente analizzati finché non appariva qualcosa che potesse essere interpretato come moralmente discutibile, riprocessati dai media di massa a proprio piacimento e presentati al grande pubblico come qualcosa di malvagio e senz'anima.
Questa è la mia esperienza personale in anni di battaglie in una guerra invisibile.
Riguardo le censure più o meno creative che le grandi compagnie americane e le televisioni italiane hanno fatto nel corso dei tempi non ho nulla da aggiungere in più a quanto già non si discuta sulla rete, ed il mio articolo su Robotech già rappresenta una mia testimonianza su questo argomento.
Preferisco focalizzarmi sugli attacchi effettivi che sono stati compiuti contro quella che ora è una grande passione per molti.
Mi è difficile pensare ad un ordine cronologico preciso e sinceramente non riesco a risalire con certezza al più remoto degli attacchi che io ricordi. Ma senza dubbio la maggior parte dei problemi sono nati con la messa in onda di un cartone che non poteva fare a meno di far discutere: Ken il Guerriero (Hokuto no Ken).
E di tutta l'erba se ne fece un fascio. Già, perché abituati ad anni di cartoni per bambini di Hanna & Barbera effettivamente tutti uguali (e qui mi permetto una piccola digressione: a me I Flinstones, I Jetsons, Scooby Doo e soci hanno SEMPRE FATTO SCHIFO, già da bambino) tutti pensavano che fosse così in base alla nazionalità del cartone.
Ergo, se UN cartone animato giapponese era violento, allora TUTTI i cartoni animati giapponesi dovevano essere altrettanto.
Immediatamente si mobilitarono sulle televisioni ed i giornali schiere di psicologhi affermanti che i cartoni giapponesi facevano diventare violenti i bambini (siamo anche all'epoca in cui un bambino si gettò dalla finestra cercando di volare come Superman, quindi di legna da ardere ce n'era a bizzeffe). I genitori, pecoroni, iniziarono conseguentemente a vedere la violenza anche in Mazinga Zeta e Georgie (no comment).
Giapponesi senz'anima che lasciavano fare i cartoni ai loro iper-tecnologici computer...
(Ironico, alla prima trasmissione di South Park su Mediaset la pubblicità ne dipingeva i cartoni animati giapponesi come tenerosi ed innocui prodotti per ragazzine.)
Passa circa un decennio e i sedicenti psicologi tornano alla carica sospinti da una nuova speme. Sailormoon viene trasmesso dalle tv italiane ed è un successo enorme, tale da iniziare a portare il fenomeno degli anime e manga al di fuori della stretta cerchia dei nerd verso un pubblico sempre più vasto (più o meno come fece la Playstation per i videogiochi). Seppure dichiaratamente nato da un manga per ragazze, l'anime si distingue per scene di combattimento e trame avventurose che attirano l'attenzione di una vasta fetta di pubblico maschile (si, ok, anche quel sottile velo di erotismo dato dalle protagoniste, ma se lo scrivo la mia arringa di difesa perde un po' di credibilità...).
E come ogni nuova moda di successo, viene visto come una minaccia per le generazioni precedenti. Si fa di nuovo di tutta un'erba un fascio, ma in maniera differente: è un cartone per bambine, se lo guarda un maschio si possono verificare problemi psicologici.
Arriva dunque la psicologa Vera Slepoj (si, io non dimentico MAI i miei nemici) che scrive un articolo del tutto opinabile (venne infatti contrastato da diversi suoi colleghi) secondo il quale Sailormoon faceva diventare omosessuali i bambini.
MAH.
Quegli stessi bambini che guardarono sia Ken il Guerriero che Sailormoon ora sono individui perfettamente normali come tutti gli altri.
Una piccola citazione. Nel 1992 esce nella sale italiane un film obiettivamente molto brutto, ma di grande richiamo (per essere "il primo film sulla realtà virtuale", che all'epoca sembrava l'unica tecnologia che avremmo usato in futuro) chiamato Il Tagliaerbe. Nella trama vediamo un individuo affetto da ritardo mentale venir scelto come cavia da uno scienziato che ne vuole potenziare le capacità intellettive attraverso la realtà virtuale. Il progetto inizialmente riesce ed il nostro ottusone diventa sempre più acuto.
Tanto che a metà pellicola si arriva ad una scena che, secondo lo sceneggiatore, segna definitivamente il passaggio dalla stupidità all'intelligenza: si libera di tutti i fumetti.
Il messaggio è palese: "se leggi i fumetti sei stupido". Che bel messaggio...
Quasi contemporaneamente a Sailormoon ecco arrivare un nuovo anime (fortemente collegato ad altrettanto videogioco) di enorme successo. E come al solito: successo di un'opera giapponese significa demonizzazione da parte dei media.
Le polemiche nate dai Pokemon (che ammetto, è una saga che odio, ma alcuni attacchi sono davvero gratuiti) occuperebbero una biblioteca. Accuse di satanismo, maltrattamento di animali, razzismo... ogni piccolo aspetto può essere visto da una lente distorta dai pregiudizi dei media di massa. L'apice lo si raggiunge con un episodio che, trasmesso in Giappone, per una particolare sequenza di colori provocò degli attacchi di epilessia su bambini già predisposti verso questa patologia.
Ed ecco arrivare dall'orizzonte i principali telegiornali italiani che, come al solito, pensano a tutto tranne che a fare informazione.
Il servizio del TG1 esordisce con "Che fossero brutti e fatti male già lo sapevamo, ma che [i cartoni giapponesi] fossero pure una minaccia per la salute....".
Prego? Un giornalista che esprime una propria opinione personale come un dato oggettivo? Per di più prendendo un singolo anime come rappresentante assoluto di tutta l'animazione giapponese?
Il resto del servizio fu una valanga di insulti sul mondo dei cartoni giapponesi, arrivando a far capire che rappresentavano una seria minaccia per la salute fisica di tutti quanti. Quanta obiettività!
E torniamo quindi ancora una volta al caro buon vecchio accordo Disney-Tokuma di cui già scrissi tempo fa. I nostri media d'informazione ne parlarono in lungo e in largo, scrivendo talvolta gran fesserie e talvolta facendo della vera informazione. Tanto di quel materiale che non ce la faccio a scriverlo in un solo articolo, ma su tutti mi ricordo particolarmente un'affermazione di mia madre riguardo al fatto che Il Re Leone fosse la copia sputata di Kimba il Leone Bianco: "Ma... siamo sicuri che non siano stati invece i giapponesi a copiare dalla Disney?"
No, guarda, in effetti ci sarebbe da discuterne. Del resto Il Re Leone è del 1994 e Jungle Taitei del 1965, siamo lì lì, eh.
Nulla, nemmeno questa mia argomentazione la convinse...
Ultimo grande caso che cito è quello inerente l'ennesima ristampa di Dragonball. La scena è più ironica che erotica: in cambio della sfera del drago quel vecchio porco del Saggio delle Tartarughe chiede a Bulma di mostrargli le mutande, ma la ragazza si era dimenticata di averle perse il giorno prima ed alza le vesti senza tanti complimenti.
Una madre grida allo scandalo (nonostante la pubblicità di una nota crema solare ci mostri le zinne al vento della testimonial da anni) e diventa un caso esemplare. Dopo mesi e mesi di battaglie in tribunale la Star Comics riesce ad evitare che il fumetto venga messo all'Indice. Le argomentazioni delle varie parti si fronteggiano con convinzione ed ogni tanto salta fuori il classico "I fumetti giapponesi sono tutti pornografici".
Ed infine, sentenza:
"No, non c'è pornografia in quella scena di Dragonball..."
"Evviva!"
"...c'è mercificazione del corpo."
"Eh?"
E l'infinita battaglia continua...
Tutte queste diatribe mi hanno insegnato molte cose.
Tanto per iniziare ad avere una mentalità aperta, a capire meglio le opinioni di chi ha gusti differenti dai miei e di non etichettare come "assolutamente malvagio, va eliminato" qualcosa che non incontra dei gusti che sono solo miei e soggettivi.
Mi ha insegnato ad interpretare con meno astio le nuove mode che colpiscono le generazioni successive alla mia.
E soprattutto: mi ha insegnato a diffidare delle grandi fonti d'informazione, a dubitare delle opinioni di chi è spalleggiato dai principali media di massa e a dare ascolto alle voci più flebili. Sempre!
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