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03 dicembre 2011

Hoshi o Ou Kodomo

È con grande gioia che vi presento questo nuovo capolavoro dello Studio Ghib... di Makoto Shinkai!


Il maestro Shinkai è tornato in pompa magna. Dopo il romantico e palpitante Hoshi no Koe, l'ingiustamente dimenticato Kumo no Mukou, Yakusoku no Basho e l'ingiustamente osannato Byōsoku 5 Centimeter (davvero la forma di romanticismo più fredda e vuota che abbia mai visto), colui che fin da subito è stato etichettato da molti come "il vero erede di Hayao Miyazaki" torna con una nuova opera che sembra voler ricordare allo Studio Ghibli come si fanno i film d'animazione.

Giappone, siamo nei giorni nostri in un paesino rurale e la giovane Asuna Watase divide la propria giornata tra la scuola, le faccende di casa ed il suo nascondiglio sulle pendici della vicina montagna. Il nascondiglio si trova nel punto in cui si riescono a ricevere al meglio le frequenze con la sua radio autocostruita, ma per arrivarci deve attraversare un ponte ferroviario ed inoltrarsi nel maestoso bosco che la circonda.


Un giorno riesce a ricevere una misteriosa musica, mai sentita prima d'allora, ed è l'inizio di un'evoluzione continua di eventi.

Quella che fino ad quel momento sembrava essere una storia basata sulla vita quotidiana di Asuna muta con l'apparizione di un orrendo mostro sul ponte ferroviario, con il successivo salvataggio della ragazza da parte di un ragazzo da un altro mondo ed il mistero dello splendido regno sotterraneo di Agartha.

Personalmente ho guardato questo film d'animazione senza saperne assolutamente nulla, ed ogni minuto è stato una meravigliosa sorpresa. Vorrei fare il possibile perché anche chi stia leggendo questa recensione possa godere della stessa sensazione, per cui non scriverò una sola parola in più sulla trama ma farò il possibile per farvi comunque capire quanto mi abbia colpito.


Animazioni e disegni sono a livelli davvero elevati e gareggiano testa a testa con le ultime opere dello Studio Ghibli, con il quale questo lungometraggio condivide molte cose.

Ad esempio il gattino che segue la protagonista è molto simile a Teto di Nausicaa, con il quale condivide anche il comportamento. L'insegnate che vuole raggiungere Agartha ricorda, sia esteticamente che caratterialmente, Muska di Laputa, il fiume dove trovano il cadavere del mostro è identico per stile grafico ed inquadrature al fiume in cui Ashitaka incontra San in Mononoke Hime, molte delle creature che incontriamo durante la pellicola hanno lo stesso stile delle strane divinità di Sen to Chihiro no Kamikakushi e via discorrendo con un'infinità di riferimenti alle opere di Miyazaki che si spargono per tutta la durata.
Se proprio vogliamo trovare un difetto in quest'opera, questo è uno dei pochi.


La storia, come già scritto, è una continua evoluzione. Lo scopo della protagonista continua a cambiare, forzato dall'incessante susseguire degli eventi, in un epico viaggio in una terra onirica e favoleggiante. Come in Hoshi no Koe, e in parte Kumo no Mukou, torna la tematica del desiderio di mantenere un legame con chi non rivedremo mai più; il viaggio di Asuna in Agartha è il viaggio di una coscienza che apprende ed acquisisce una propria determinazione, in ottimo bilanciamento di sentimentalismo ed avventura.


Due ore di ottimo lungometraggio, che ci confermano ancora una volta la maestria di Makoto Shinkai nella sceneggiatura e nella regia e danno nuova speranza nell'animazione giapponese ora che lo Studio Ghibli sta iniziando a perdere qualche colpo.
Promosso a pieni voti.

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