Strano o non strano che sia, mi trovo a parlare del telefilm tratto dalla miglior saga di libri che mi sia mai capitato di leggere. Ed è pure un gran bel telefilm.
Chiamatelo A Game of Thrones, A song of Ice and Fire o come vi pare, tanto sapete già di cosa si sta discutendo. E nel frattanto allargo un po' la sfera d'interesse di questo blog per analizzare un'opera che stavo aspettando già da qualche annetto.
È abbastanza difficile parlare di una saga fantasy (basso-fantasy, con poca magia seppur presente) complessa, bella e duratura come quella de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George Martin; per cui non lo farò.
Il motivo è semplice, se volete paragoni tra la serie tv e l'opera originale ne troverete a tonnellate sulla Rete Globale, così tanti da cancellare ogni vostra possibile opinione personale in merito. Invece io qui recensirò il telefilm fine a se stesso, per ciò che è.
Siamo in piena epoca medievale, in un mondo che non è il nostro. Siamo nel grande continente di Westeros, slanciato da nord a sud, diviso nelle zone di dominio delle grandi case nobiliari, ma unito sotto un solo re, Robert Baratheon. Ma sotto questa apparente epoca di pace diversi problemi, per ora silenti, lentamente iniziano a tessere la trama della nostra storia. A nord, al di là della Barriera, creature spettrali chiamate "gli estranei" fanno la loro prima apparizione dai tempi in cui la memoria li aveva dimenticati e tramutati in leggenda. A sud Jon Arryn, Primo Cavaliere, perde la vita per cause tutt'altro che chiare e re Baratheon si muoverà verso nord, a Grande Inverno, dove chiederà al suo fedele amico e compagno d'armi Eddard Stark di prendere il posto che era del defunto. Ad est, al di la dell'oceano, Viserys Targaryen figlio di Aerys II Targaryen, precedente re del Westeros, inizia a preparare un esercito per riprendersi il trono, usando la sorella Daenerys come mezzo per raggiungere i propri scopi.
Ma questo non è che l'incipit iniziale di una trama tanto articolata quanto imprevedibile nel suo evolversi. Cosa che si capisce già dal primo episodio, che ci fa intuire senza mezzi termini quanto Martin non abbia alcuna pietà dei personaggi a cui riesce a dar vita.
I protagonisti delle nostre vicende sono davvero numerosi, ma nonostante questo dotati di una profonda caratterizzazione che li rende ognuno un personaggio memorabile a se. Fra tutti spicca indubbiamente Tyrion Lannister, il Folletto, un nobile affetto da nanismo, amante delle belle donne e dell'alcol e maledettamente acuto, capace di sopperire appieno con l'intelletto alle sue mancanze fisiche.
Passando dai personaggi a ciò che li circonda le scenografie sono qualcosa di spettacolare. La Barriera è imponente oltre ogni descrizione, le lande del nord si stendono placidamente a perdita d'occhio, i castelli sono massicce figure di fredda pietra e via dicendo in un susseguirsi di ambientazioni che rappresentano una pura gioia per gli occhi.
Nella rappresentazione della realtà di un mondo medievale gli autori non sono scesi a compromessi. Di fronte alle scene di violenza il sangue scorre a fiumi senza indugi, di fronte a discorsi di carattere sessuale la telecamera ci mostra senza vergogna corpi senza veli ed ogni tanto i due estremi si incontrano nella stessa scena.
Tutto quanto descritto finora è accompagnato da un'ottima selezione musicale ed attori che sanno il fatto loro. Un insieme di elementi che rende davvero bella e degna di essere vista questa grandiosa serie tv.
Ma tornando un attimo con i piedi per terra mi ritrovo anch'io a fare qualche paragone con l'opera originale. L'ho letta, non posso farne a meno.
Molti denotano il fatto che alcune frasi storiche siano state omesse, ma sinceramente questo significa solo che hanno deciso di dare una dignità propria a questo telefilm. La mia idea è che frasi troppo conosciute, una volta trasposte sullo schermo, risultino comunque forzate, messe lì apposta per fare contenti i fan - risultando infine quasi ridicole. Il media televisivo, per la sua diversa natura rispetto al mezzo cartaceo, deve sottostare a regole legate all'uso delle immagini e del suono per comunicare, è quindi evidente che qualche cambiamento radicale rispetto all'originale debba aver luogo.
Altri due punti, molto più faceti, sono la scelta di un paio di attori. Tutti molto azzeccati, non c'è da eccepire, ma: Sansa doveva essere di una bellezza folgorante e qui è una sciacquetta mentre Jon Snow me lo immaginavo meno pingue e senza un'espressione da beota stordito perennemente sul volto.
Finale nota di merito alla sigla d'apertura, in cui vediamo le principali locazioni della storia crescere sulla mappa sotto forma di ammassi d'ingranaggi, il tutto in uno stile che ricorda molto da vicino quello di Dave McKean.
Pollice a favore.
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