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21 febbraio 2011

Strike Witches: l'esegesi

Quando la complessità di una serie raggiunge un certo livello una semplice analisi non sarebbe sufficiente, bisogna usare un termine più erudito. Esegesi.


Strike Witches, forse molti di voi non lo sapranno, rappresenta per il Giappone ciò che in Italia può essere La Divina Commedia o Il Decamerone. Perciò è necessaria una profonda analisi per comprenderlo appieno, capire qual'è il messaggio, o meglio, l'immagine che le criptiche visuali ci nascondono.

E soprattutto capire perché insisto a guardare questa boiata.

Capire cosa quest'immagine ci nasconde è la chiave di lettura dell'intera saga

Iniziare un'approfondita analisi di una serie tanto complessa e culturalmente elevata non è certamente facile. Motivo per il quale dovremo scendere nei particolari degli innumerevoli aspetti che la compongono a partire dalla radice di tutto: il regista.

Stiamo infatti parlando di Kazuhiro Takamura, un uomo con un background artistico di tutto rispetto. Troviamo infatti la sua mano nei disegni, nei frame chiave ed anche nei frame d'intercalazione di tutte le più note opere della Gainax come Evangelion, Mahoromatic, FLCL, Kono Minikuku mo Utsukushii Sekai e Gurren Lagann. Ha portato il suo contributo similmente, oltre che come direttore dell'animazione, anche in Cowboy Bebop, Mobile Suit Gundam 00, Blood+ e soprattutto nell'opera che ha maggiormente influenzato il cuore della sua capacità registica: Agent Aika, nel quale, in qualità di disegnatore dei fotogrammi d'intercalazione, ha evidentemente sviluppato un'incredibile capacità nel focalizzarsi su un particolare elemento che, anche in Strike Witches, la fa da padrone.


Strike Witches, unica opera in cui ha dato il suo contributo come regista, rappresenta dunque il minimo comun denominatore del suo passato artistico.
Ed è infatti l'arte a farla da padrone, l'arte di quel meraviglioso complesso di forme dinamiche che è il corpo umano; un corpo umano, nel suo concetto più astratto e completo, come assoluto protagonista di quest'opera.
È un corpo umano che si riprende il suo spazio sulla fredda tecnologia dei macchinari e si sostituisce ad aerei ed inquadrature, in modo prepotente e vitale.


Ma questo processo di sostituzione non si limita all'opera del corpo umano, vi è anche un profondo messaggio pacifista nell'idea di sostituire eserciti nemici, che sarebbero composti da esseri umani come noi, con alieni inorganici decisamente più moralmente accettabili da uccidere. È un importante elemento che sottolinea la purezza di Strike Witches, uno schiaffo in faccia all'orrenda prospettiva di vedere delle ragazzine uccidere dei soldati umani dotati di parenti ed amici che li andrebbero a piangere. Le protagoniste non sono insensibili macchine da guerra e la cosa è meravigliosamente rimarcata ogni volta che disintegrano un alieno senza neanche sapere per quale motivo stia attaccando gli umani, un dubbio che supera la quarta parete e raggiunge anche lo spettatore, che si chiede, incredulo, per quale motivo l'alieno stia effettivamente attaccando gli umani.

Ma, mentre la persona superficiale ritiene che questo sia solo un banale pretesto per i combattimenti, la persona saggia approfondisce e ne cerca il vero significato.


Bisogna infatti notare che la battaglia con i Neuroi (il vero nome degli alieni) rappresenta in realtà l'eterna lotta dell'uomo con i propri demoni interni. Una rappresentazione che qui è quasi più simbolica che realistica, una battaglia che ad ogni episodio vede un particolare neuroi che, per un puro caso, può essere sconfitto solo dalla ragazza su cui l'episodio si accentra e che riuscirà a salvare la giornata solo affrontando i propri limiti. Il neuroi veloce verrà sconfitto solo dalla ragazza veloce, quello altissimo solo da quella che arriva oltre la stratosfera, quello corazzato solo da quella con i poteri anticarro e via dicendo. Non è una conveniente e superficiale decisione della sceneggiatura per dare il contentino a tutti i fan delle singole streghette, è invece una profonda decisione artistica per dimostrare che le stesse sono molto più di quanto non appaiano indossare.


Un'introspezione così profonda e riuscita che riesce a dimostrare una grande peculiarità grafica:
Si riesce sempre a capire l'identità della ragazza inquadrata senza bisogno di visualizzarne il volto!
Questa è arte.

Un altro aspetto che dimostra la supremazia dell'umanità sulla fredda tecnologia è l'inutile effetto delle armi imbracciate dalle streghette. Sono dotate di base con delle mitragliatrici da campo che ammazzerebbero un elefante al secondo, ma questo non ha alcuna importanza nelle normali battaglie contro i neuroi, perché è il sentimento la base di tutto. Non ha alcuna importanza che il nemico venga sconfitto con le stesse armi che fino ad un istante prima non gli facevano ne caldo ne freddo, non ha importanza il fatto che un colpo di fucile penetri una corazza che fino alla scena precedente non cedeva nemmeno di fronte a dei cannoni navali, l'importante è che ad un certo punto la ragazzina del momento inizia a crederci. E credendoci persino la più improbabile delle tattiche riesce ad avere successo.

Ed è proprio perché ci credono che riescono a volare con delle calze motorizzate, è proprio perché ci credono che riescono ad avere almeno il rango di sergente a dodici anni, è perché ci credono che puntualmente le loro carni non vengono maciullate dalle eliche di suddette calze motorizzate ed è perché ci credono che la sceneggiatura va avanti senza che nessuno se ne renda conto.

L'inizio del settimo episodio della prima stagione (a sinistra) e della seconda stagione (a destra).
Ma anche la sceneggiatura nasconde un altro importante artificio artistico: una cosa da notare tra la prima e la seconda stagione è che sono perfettamente uguali.
In entrambe le stagioni, infatti, la storia inizia con la vita rurale di Yoshika Miyafuji che viene recuperata ed arruolata da Mio Sakamoto; in entrambe le stagioni Yoshika, Linne e Perrine devono seguire un addestramento speciale; in entrambe le stagioni il settimo episodio è dedicato alla rappresentazione senza veli del corpo femminile; in entrambe le stagioni succede qualcosa di brutto a Mio Sakamoto verso la fine. Sono solo alcuni esempi di questo uso simbolico della ripetitività della storia umana.
Mancanza di idee? Giammai. È una sottile frecciatina all'eterno ciclo della civiltà.

L'idea del ripetersi della storia è talmente marcato ed importante che, grazie ad un elaborato artificio narrativo, all'inizio della seconda stagione trovano un modo per tornare a far guerra con i neuroi nonostante alla fine della prima avessero raggiunto un universale accordo di pace.
E l'elaborato artificio narrativo sono dei neuroi ancora più cattivi.


Ma del resto non potrebbe essere altrimenti: gli alieni sono inorganici e simboleggiano la freddezza della tecnologia, in netta contrapposizione con le protagoniste, rappresentanti il calore e l'energia della vita organica. Una contrapposizione così netta che le armi da battaglia non sono freddi ed insensibili mezzi meccanici come gli aerei, ma sono invece direttamente i corpi umani.
Corpi umani nella forma di ragazzine appena adolescenti. Gli autori hanno infatti scelto il modo migliore per mostrare la vitalità della carne: l'idea di ragazzine nelle prime fasi della loro tempesta ormonale come protagoniste indica infatti al meglio la categoria di persone in cui è maggiore l'esplosione di vita.

Non vi lasciate ingannare da improprie supposizioni sull'attrattiva erotica verso il pubblico maschile, sarebbe un'interpretazione eccessivamente superficiale e presuntuosa.


Ma non è finita qui. Un altro importante aspetto dell'usare il corpo umano in luogo degli aerei è riservato alla dinamicità delle scene. Usando i loro calzari motorizzati le streghette possono permettersi evoluzioni incredibilmente sceniche ed arzigogolate, tanto che a rappresentazione dell'agilità delle evoluzioni persino le inquadrature giocano a perdere il ritmo dell'azione finendo spesso ad indugiare sul bacino, punto che è sia il baricentro dell'anatomia umana che il punto d'incontro tra la carne ed il metallo dei motori propulsori.
Una scelta indubbiamente dettata dalla decisione di creare una regia dinamica che segua l'azione come se lo spettatore stesse volando assieme alle nostre ragazzine. Un simbolo della libertà di librarsi nell'aria che difficilmente potrebbe avere altre interpretazioni.
Non è esagerato definirlo poetico.


Insomma la libertà, la pace, la bellezza, l'arte e la fiducia in se stessi sono i punti focali di questa Grande Opera che risponde al nome di Strike Witches. Amicizia, cameratismo e altruismo sono altri aspetti che prontamente traspaiono anche per gli spettatori occasionali, ma ci sono altri elementi nascosti in modo geniale e ragionato. Un aspetto che, seppure mai sottolineato, appare prepotente in ogni episodio e sul quale vi lascio ragionare con la vostra mente.
Perché non c'è modo migliore di nascondere una cosa se non porla dove tutti possano vederla. E Strike Witches, discretamente, ci dimostra questa idea anche attraverso l'immagine con cui concludo l'articolo.

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