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27 giugno 2011

Karigurashi no Arrietty - Il ritorno dello Studio Ghibli

Lo studio che ha visto la nascita di molti capolavori di Miyazaki e Takahata ci mostra il suo nuovo parto. Dopo alcuni titoli dalla qualità discutibile finalmente i primi segni di una ripresa.


I Racconti di Terramare, di Miyazaki figlio, era valido solo fino alla prima metà; Il Castello Errante di Howl mi ha fatto un po' storcere il naso; Ponyo on the Cliff l'ho trovato pessimo sotto ogni punto di vista. Ho davvero temuto che i gloriosi tempi di Laputa: il Castello nel Cielo, Il mio Vicino Totoro e Porco Rosso fossero andati perduti per sempre.

Tanto per iniziare Karigurashi no Arrietty segna un forte vento di cambiamento all'interno dello Studio Ghibli. La regia non è affidata ad uno dei cognomi storici dello studio, ma ad un promettente novellino dal nome di Hiromasa Yonebayashi, che fino al giorno prima aveva fatto gavetta come disegnatore dei fotogrammi chiave. La musica, inoltre, stavolta non è orchestrata dall'abile Joe Hisaishi ma ad una compositrice di spettacolari melodie dal nome di Cécile Corbel, che non ci fa rimpiangere l'illustre collega.
Ma un nome illustre lo troviamo alla sceneggiatura, e si tratta del più illustre dei nomi dello studio. Hayao Miyazaki in persona ha dimostrato di non aver perso il suo tocco magico.

Nulla da eccepire, la cura dell'aspetto artistico lascia sempre sbalorditi.

Karigurashi no Arrietty, tratto da un racconto di Mary Norton, narra la storia di Sho, un ragazzo malato di cuore che si trasferisce a vivere a casa della nonna nella tranquillità della campagna. Il caso vuole che gli capiti di intravedere una karigurashi (che tradotto suona come "persona che prende in prestito" da 借りる = prendere in prestito) correre nel prato nascondendosi da lui. I karigurashi sono piccoli essere umani altri una decina di centimetri che sopravvivono "prendendo in prestito" tutte le cose di cui un normale essere umano non noterebbe la mancanza, come singole zollette di zucchero, uno spillo caduto per terra, mozziconi di matite e così via.
L'atto del prendere in prestito è un'azione molto rischiosa, che prevede l'introdursi nelle case degli umani di notte, senza farsi assolutamente vedere, affrontare pericolosissimi insetti, topi e gatti, cimentarsi in rischiose arrampicate sui mobili umani e coraggiosi passaggi sugli strapiombi.

Un geniale uso del nastro bi-adesivo per arrampicarsi come l'Uomo Ragno.

E sono infatti le sequenze dedicate alle avventure provocate dalle differenze di dimensioni i momenti più belli della pellicola. Ami da pesca usati come rampini, spilloni come spade, foglie come ombrelli, negli intercapedini dei muri vengono costruiti interi sentieri con chiodi come scale a pioli e righelli come passerelle. Le trovate d'ingegno si sprecano in un continuo rinnovarsi di meraviglia.

Persino una credenza può essere alta come un palazzo e per recuperare una zolletta di zucchero non si deve soffrire di vertigini.

Esplorazione ed avventura in pochi centimetri.

Ma proprio durante una di queste spedizioni Arrietty commette l'irreparabile: il ragazzo, Sho, la vede mentre sta per prendere in prestito un fazzoletto. La leggenda diventa realtà, la prima legge dei karigurashi è stata violata e sarà l'inizio di un duro momento per la minuscola ragazza. Mentre Sho farà di tutto per mantenere il segreto, la malvagia badante della nonna verrà a conoscenza della situazione e farà di tutto per scacciare la famiglia di prenditori in prestito.

Auto-citazione?

Il film è un buon misto di avventura e poesia, memore dei bei tempi andati de Il mio Vicino Totoro e Kiki Delivery Service. I drammi ci sono, ma non sono mai troppo pesanti. L'avventura c'è, ma non è mai troppo caotica. La poesia sgorga a piene mani attraverso immagini e musica.
Sembra davvero che lo Studio Ghibli stia tornando ai suoi vecchi, gloriosi, fasti attraverso un'ondata di rinnovamento. Non siamo ancora a quei livelli spettacolari, ma Karigurashi no Arrietty rappresenta uno speranzoso inizio.

Momenti di dialogo emblematici e palpitanti.

Lo stile grafico, come si può evincere dalle immagini, segue gli altissimi standard dello studio di Miyazaki e Takahata, seppure ormai si sia affermato il nuovo disegno dei personaggi introdotto da Mononoke Hime. È uno stile che va a discostarsi leggermente da quello originale di Miyazaki, che trovo personalmente molto più amabile. Per il resto tra erba, fiori, legno, tegami e suppellettili gli occhi godono pienamente di un'arte carica di vita e colore magistralmente animata in ogni piccolo particolare.

Ma la prima cosa che colpisce di questo film, incredibilmente, è la colonna sonora. Cécile Corbel non fa rimpiangere affatto Hisaishi proponendoci delle sonorità melodiche e celticheggianti che si fanno notare immediatamente per la loro prorompente bellezza. Moltissimo del comparto emotivo di questo film proviene proprio dal suo comparto sonoro.

Insomma Karigurashi no Arrietty, per quanto potesse volare molto più in alto, non mi ha deluso ed anzi ha infuso in me nuova speranza dello storico studio di Porco Rosso.
Preso da un'ondata di arte vi evoco il suo tema principale:

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